Further! Wheels & Waves part II

Clouds so swift, rain won't lift
Gate won't close, railings froze
Get your mind off wintertime

You ain't goin' nowhere.



Difficile definire cosa si prova a incontrare un amico lontano da casa, o dal posto in cui sei abituato a vederlo. A pelle direi "euforia", ed è esattamente la parola che userei per descrivere la serata del giovedì all'esposizione a Biarritz.

Un grosso capannone, riempito di moto, tavole da surf, foto spettacolari, gente bellissima. Cibo e BIRRA GRATIS. 
Sì.
BIRRA GRATIS.
GRATIS.

Incontro Vik proprio lì. Con lui stanno Lollo e Mauro di Motoré, quel pazzo di Andrea fotografo e scrittore freelance e Benedetta del 59 (non l'anno di nascita, il cazzutissimo club). Una compagnia di ottima gente e mezzi spettacolari, che vedrete più avanti.

Alcune moto dell'esposizione. Alcune di queste foto sono fatte col cell dato che come un piciu mi ero dimenticato di mettere in carica la macchina.




Un'altra moto che mi sarei portato a casa. Guarda caso un'altra Triumph. E su un rigido monotrave. Sarò diventato monomaniaco?

(La risposta è no. Sempre stato).




Flat firmato da Joe Petrali? Milwaukee Belle ci ha messo lo zampino o è roba originale?


Era scenografico persino il bidone per le birre.




Ancora, e ancora, e ancora.




Si scrive BMW, si legge Dragster.



Oh guarda. Un pre unit swingarm. Chopperino mannaro. Lo stile con cui quel tizio ha messo in moto il mezzo? Impareggiabile.


Dopo aver cazzeggiato un po' con Roland Sands e fatto conoscenza della crew di Varese (mi ostino a chiamarla così perché penso sia figo ma onestamente non mi pare siano tutti di Varese, almeno uno è di Milano, un altro veniva da Ginevra con lo sporty - che cuore), ovvero Matteo, Gabriele, Fabio e Paolo, decidiamo di andare a mangiare qualcosa.

Il mezzo di Benny. In inglese direi "righteous".


L'Africa Twin è probabilmente una delle poche moto che sceglierei per fare un giro del globo. Questa in foto è il mezzo di Mauro.


Questo posto ci rimbalza. Peggio per loro, han perso clients avec argent, o almeno è quello che dico al gorilla all'entrata. Che ci rimanda ad un posto poco lontano, dove siamo i soli avventori e dove mangiamo daddei (da dèi, enfatizzato) con crocchette di baccalà e cerveza basca.


Il locale era pure pittoresco.


Ed eccoci qua. A sinistra dal basso Andre, Mauro e Lollo. A destra Benedetta e Vittorio Gregorio III Nepomuceno.


Carichi come secchi, portiamo la serata altrove.
La cosa davvero bella del raduno è l'atmosfera che ha creato in città: dappertutto pub con moto (e che moto..) parcheggiate fuori, corse notturne fra le vie...per non parlare dei locals: nessuno a lamentarsi, tutti entusiasti della pirataglia che riempie la città di sgommate e ferri vecchi. 
In Italia sarebbero fioccate multe, denunce a piede libero, schiaffi, pugni e porchid*ii come se qualcuno avesse calato l'asso in prima mano (cit.).

Cone Shovel swingarm.


Dalle parti del capannone hanno smantellato, ma la festa si è spostata per strada. Ad un paio di bar un gruppo di motociclisti con mezzetti da tiro sta cazzeggiando.
Un tizio alza un BMW di mio nonno su una ruota come fosse antani.
Un altro su un Dodge Ram spara un burnout in mezzo alla strada: era l'una di notte e non si è sentita una bestemmia.
Quando avevo messo i trumpet sulla moto e l'avevo accesa di domenica pomeriggio nel cortile del garage (manco del condominio) poco c'è mancato che mi lanciassero un vaso di gerani. MVFCL.


Beeza da sparo! Letteralmente: non ha faro né freno davanti.


Il barista ci serve un rum che probabilmente usano per torturare la gente in qualche carcere turkmeno (spero che non legga nessuno di quelle parti, ragazzi RPLF ama il Turkmenistan). Non ho cuore di andare oltre il primo sorso, e interpreto il sapore di tonsilla carbonizzata come il sintomo che devo andare a dormire.

Che figata di serata.

Sulle scale dell'ostello incontro Antonio. Il fatto che beva vino da una sacca da catetere me lo rende subito simpatico, è cileno e non capisco una sega del suo spagnolo. Ma va bene, tanto sono ubriaco, e del resto è risaputo che la consecutiva non va affrontata senza il previo consumo massiccio di bevande alcoliche. 

Ha lavorato in Francia dalle parti di Chamonix, ma licenziato da un giorno all'altro ha deciso di girarsi la Francia per il resto della durata del suo visto. Parliamo un po' di come il paese sia diverso dalle nostre lontane e agognate patrie. Conveniamo tutti e due che ce ne saremmo rimasti volentieri in Francia, per motivi che svanita la sbornia fatico a ricordare.

La mattina dopo è il giorno del run e della gara. La prima moto di giornata è la stilosissima Triumph swingarm della sera prima (ancora tu? ma non dovevamo vederci più etc etc).



Stamattina il tempo è decisamente atlantico: nebbia e nuvole basse. Niente pioggia, per fortuna.


Ci vuole un bel paio di palle a guidare un flat VL senza parafanghi..


Non mancano le ragazze a questo raduno. Hanno uno stile ed un manico da paura.



Si parte verso la Spagna, diretti verso la location della gara. Nessuna mappa, nessun tragitto, si va tutti insieme, tanto ci si riconosce.





Attraversiamo la città in massa.




Perdo il mio gruppo perché trovo una maschera per strada, e decido di reclamarla per il Sacro Codice del Chi Trova Tiene e anche per la Legge del Menga. 
Mi unisco ad un gruppo di belga/tedeschi/olandesi con motorette strafottenti, sembrano usciti da un biker/porno movie austriaco degli anni '70. Decido di fargli due foto e poi di dargli banane fino alla sommità del colle.



Per la ride clamorosamente bella e spinta la mia moto arriva sputacchiando in cima, ma lì almeno c'è il sole, e profumo di costine di maiale si spande nell'aria - mi commuovo a ricordare quanto fossero buone.




Benny si mette a riparare un tubo benzina..


...e subito si guadagna un meritato fan club.
Come ho già detto, non sono poche le ragazze al raduno, ed ognuna di loro ha classe, manetta e looks da vendere.


Questa la location bucolica della gara, che consiste in un 400 metri di strada: rettilineo, due curve, altro rettilineo. Si parte a coppie di due.


Beeza anteguerra buttata lì per caso. Scopriamo poi che si tratta del mezzo di Ornamental Conifer.


Mentre sale un po' di nebbia a rendere il tutto più suggestivo, i piloti scendono verso la partenza.




Quello che sembra Evel Knievel era un drago. L'altro ci stava riccamente sugli zebedei.



Questi due aprivano la gara.


Vittorio avrebbe comodamente dato una pista a tutti. Soprattutto al solitario..


Si parte. Il tizio faceva lo spesso con la pistola ma non ha mai funzionato. Era pure divertente vedere lui che smoccolava armeggiando col carrello puntandola a random e il tizio sulla BSA verde che si impanicava credendo sarebbe partito un colpo...



Non sono tutti ritardati, eh...non si stanno grattando il casco. Era la tattica ad essere in puro vecchio stile: non si partiva a marcia innestata, ma in folle e con la sinistra lontano dalla frizione. Al via si deve essere veloci a tirare la frizza, mettere in prima e partire.


Anche il tizio con il chopperino inglese gareggiava.


Aspettando che l'altro metta in moto il suo mezzo..


...che non riesce a partire...


...proprio zero eh..


..alla fine passano avanti i due BMW. Chiaramente il drag vince con brutalità.


Slick.


Il boro dei Southsiders gareggia pure lui. Mangerà le banane dell'altro tra le nostre risate.


Alla fine il Triumph ce la fa a gareggiare. Solo per farsi battere ignominiosamente. Ma fa niente, a attitude non lo batte nessuno.


Gareggia pure El Solitario e pure lui ci scaglia ahahahahaha






Sto demente si sdraia con la moto prima ancora di partire; alla partenza gli si spegne tre volte. Ma almeno chiude di giustezza.



Dopo la prima manche ci siamo rotti e decidiamo di scendere dall'altra parte. La strada è stupenda e aperta, siamo sopra le nuvole. 




I don't care how many letters they sent
Morning came and morning went
Pick up your money and pack up your tent

You ain't goin' nowhere.




Torniamo a Biarra in autostrada. Benny con garra.



Andrea.








Sorelle di strada.


Di nuovo al faro, io e Greg ci guardiamo qualche altra motozza.











"hot rod: n., slang. An automobile, usually old, that has been rebuilt or modified to increase its speed and acceleration".


Asta del cambio. Da albero di natale.


No vabbè basta Triumph. Basda basda basda...


Ce ne fosse una brutta peraltro!




Allo stand dell'Uppercut c'è chi ne approfitta per rifarsi il capello.


Ancora Ornamental Conifer. Se questo tipo di illustrazioni vi è familiare, probabilmente le avrete viste su Dice #46.




Shovel dans un cadre Softail. "Vous savez, c'est pour le dos"...génial. Vue sur Wild.


Patina del tempo.


Torno all'ostello per ripigliarmi. Ceno al paninaro dei surfisti, che non ho smesso di ammirare e/o invidiare da quando sono qui: somma gioia quando uno di loro chiede di farsi una foto sulla moto con il mio casco. D'altronde sotto quella luce è irresistibile.


Eat Dust in da house.


Le nuvole son passate, sul faro cala la sera. La gente è tanta, ma piano piano il posto si svuota, la festa si trasferisce in città.







Passo la serata con la crew di Varese. Mi scasso di risate con Paolo che è davvero un personaggio! 
Fabio e Paolo si staccano, rimango coi due ragazzi, Gabriele e Matteo, scambiamo impressioni su questioni fondamentali della vita. 
Tipo che in spiaggia c'era un mussodromo allucinante.
(nota filologica: se non sapete cos'è un mussodromo, chiedete ad un ligure cos'è la "mussa" e al resto ci arriverete da soli. The more you know☆).



Mi faccio due risate "fumose" con loro, e poi torno alla tenda.
Il faro davanti, che quel pomeriggio dava già segni di défaillance funzionando ad intermittenza, mi regala un'ultima notte di gloria. Il giorno dopo tirerà le cuoia definitivamente. 
All'ostello tira vento e c'è una luce spettrale, ma quella è la notte in cui dormo meglio di tutte.

La mattina dopo io e Vik dobbiamo partire. Smantello tenda e tutto e saluto l'ostello. Trovo Vittorio alle prese con un doposbronza particolarmente camurrioso.
Ci dirigiamo verso sud e poi prendiamo la stessa scorciatoia per Pamplona che ho preso all'andata. E' un piccolo passo, ma abbastanza alto per avere un tempo da lupi, con freddo e nuvolacce. 
Ad un certo punto Vik mi si affianca e maledice me e i miei avi da sotto il casco, decidiamo di fermarci e gli lascio la giacca. 
Per fortuna poco dopo la montagna finisce e scendiamo verso Pamplona, dove comincia il caldo. 
Al sole è tutta un'altra strada, rollin' thru' the fields of gold.

Anasecumbé, fanesta funé, adunda filds of gold-ah, canterebbe Sting, più o meno.




Voliamo verso Huesca.


Non è la stessa strada dell'andata: ora si inerpica pian piano verso un passo, per fortuna troppo a sud dei Pirenei per essere freddo.


Lo spettrale tunnel in cima. Sembrano i cancelli del Morannon.


E giù verso il resto brullo della Spagna.


Dopo Huesca comincia a fare un caldo bestia. Ci fermiamo solo per sbrenza, pissi pissi bau bau e occasionalmente levarci di dosso litrate di umorini gialloverdi di miliardi di papatacci che abbiamo travolto in autostrada. 

Affrontiamo anche un rabbocco d'olio, una serie di buche che ci stortano la spina dorsale per sempre e il faro di Vittorio che ha deciso di andarsene per la sua strada. 


Lo rattoppiamo così. San Nastro Americano.


Mezzi decomposti arriviamo a Barcellona. Al porto facciamo il check-in, poi decidiamo di farci un giro per la rambla.





Nel caso in cui vi chiediate da dove deriva il titolo del pezzo.



Gli sguardi delle ragazze di Barcellona erano destibilizzanti. Dovevo prendere un ricordo di loro. Ahimè, questo è il meglio che ho saputo fare.



Con un ventino ci spizziamo due birre e un fottìo di tapas. Sono così tante che ne lasciamo nel piatto, e non capita spesso se sono nei paraggi di cibo.


Torniamo al porto. Ci sediamo in terra aspettando di essere imbarcati. 
Oggi c'è stata tutta: dal freddo dell'Atlantico e dei Pirenei al caldo dei deserti spagnoli, scampando ad un'acquazzone per centimetri verso Barcellona, ed alla fine il giro trionfale sulla rambla.
Daghe!


Va che sguardo fiero.


Ci imbarcano in ritardo di un'ora. Resistiamo fino alla fine del primo tempo di Italia-Inghilterra, dopodiché neanche gli sguardi di strepitose liceali spagnole in piena tempesta ormonale riescono a tenerci svegli. 

Il viaggio in nave riesce a battere in noiosità persino quello dell'andata. E dire che a un certo punto mi addormento sul ponte e mi risveglio attorniato da culi che prendono il sole. Vittorio disfatto dal mal di mare mi raggiunge dopo un'ora e mi becca sdraiato sul lettino tipo re dell'harem.

Le previsioni per l'arrivo sono impietose: a Roma sta scendendo il mondo e quell'altro, noi rischiamo di arrivare là in ritardo, per cui già a sera calata, io senza il faro davanti, e Vik senza stop dietro. Una moto in due insomma.

Tra le tante cose che un motociclista si deve sempre portare dietro:
- nastro americano, della cui santità si è già detto;
- coltello a scatto, sia mai che possa servire a tagliare dei calzini lunghi per farne fantasmini;
- analgesici, antistaminici e antidepressivi generici nel caso in cui le notti si facciano lunghe e tediose.


Mentalmente ci prepariamo ad essere accolti dalla tempesta.


Ma a terra non sembra poi così male.


Forse forse riusciamo a beccare l'intervallo fra il temporale del pomeriggio e quello bestiale in arrivo per la notte.



E così è, alla fine.

Ma il viaggio di ritorno, di cui non conservo foto perché francamente ero troppo terrorizzato per farne, è una delle cose più folli ed elettrizzanti che abbia mai vissuto.

Ormai col buio scendiamo dal traghetto. L'unica luce è l'anabbagliante di Vittorio. Ci buttiamo in autostrada, il nero che ci avvolge come una coperta fredda. 
Ogni singolo muscolo in allarme, gli occhi spalancati a captare ogni fotone possibile, i brividi per la tensione e il freddo, non una luce a scaldare.
Solo quella fioca del faro traballante di Vik, e i lampi clamorosi che sconquassano l'orizzonte di fronte a noi.
"Due corvi nella notte", mi scrive il mio amico la mattina dopo, quando a mente fredda realizziamo la volata che abbiamo fatto.

Usciti dall'autostrada, sull'Aurelia anche l'unica luce anteriore che abbiamo comincia ad affievolirsi. Ci accostiamo pericolosamente alle macchine davanti per vedere coi loro fari, e quando comincia l'illuminazione cittadina ci stacchiamo.

Probabilmente il ricordo migliore della serata è il saluto di Vittorio al semaforo. Sbattiamo i pugni e lo sento dire "ciao fratellino". 

Sulla rampa del garage, ormai al sicuro (oddio, poteva anche darsi che mi addobbavo sulla discesa, e allora sai i moccoli), mi prendo un attimo per fare una foto alla mia piccola. 
Il fomento mi ha portato lontano e poi di nuovo indietro.


Tra le cose che ho sacrificato al viaggio, oltre al vetrino del faretto, ci sono anche le scarpe. La foto non rende giustizia alle condizioni in cui versavano. Non ho neanche provato a lavarle, direttamente nel bidone. 
L'odore che ne usciva aveva forma e consistenza di un'entità maligna e inquietante.


Vabò.

In definitiva: 
il Wheels & Waves merita: altre moto, altra gente, altri posti. 
- Biarritz e la costa basca valgon bene una messa;
- non mettete un'H4 ad un faro col vetrino in plastica;
- andate dove vi pare, ma con cuore e classe.

That's all, folks.





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