SP #4: Richard



Richard, cuor di leone.


Ormai il sole era calato sulla prateria. 
Il profilo scuro delle montagne era ormai solo intuibile nel buio, un miraggio scuro incombente su di loro.

Accesero un fuoco, nonno e nipote.


L'ululato lontano di un lupo, portato dal vento, sembrava un gemito tetro.
Il piccolo rabbrividì, accostandosi al fuoco, le spalle all'oscurità.  Aveva paura, ma disse di avere freddo.

Il nonno rise sommessamente. Sapeva dell'orgoglio di suo nipote, e a suo modo ne andava fiero: una volta cresciuto, avrebbe guidato lui la tribù, e forse la loro intera nazione.


"Non c'è nulla di male ad ammettere di avere paura, sai."
Il piccolo lo guardò. Suo nonno vedeva lontano un miglio le bugie, come vedeva tante altre cose. Era lo sciamano della tribù.

"In effetti sì, ho paura. Ma solo perché potevamo accamparci in un posto più riparato, o anche arrivare alle montagne. Qui siamo troppo allo scoperto", rispose stizzito il piccolo.

"Può darsi. Ma non hai da temere molto dai lupi, stasera. Non da quelli qua fuori, almeno".
Il piccolo rimase interdetto.

"Tu sai, vero, dei lupi che hai dentro?" gli chiese il vecchio. 


"Vedi, ognuno di noi ha due lupi dentro".
Forse il vecchio sciamano stava vaneggiando. Ma il nipote era incantato: lo ascoltava attentamente, indagando il suo volto, mentre la luce scura del fuoco scavava ancora di più le rughe della fronte, ognuna di esse con una storia da raccontare.


"Uno è nero, nero come la brace di questo fuoco: esso è malvagio. E' rabbia, paura, gelosia, invidia, avidità, orgoglio, menzogna, indifferenza".


"L'altro è bianco, bianco come la neve in inverno: esso è il bene. E' gioia, speranza, umiltà, gentilezza, generosità, verità, empatia".


"Dal momento in cui vedi la luce di questa vita, fino al momento in cui sali dal Wakan Tanka, questi due lupi combattono, dentro di te, dietro i tuoi occhi."
Il nipote fissava il nonno, rapito.
"Chi dei due vince?", chiese.


"Vince il lupo che tu nutrirai di più.
Questo dipende da te, e solo da te, Cavallo Pazzo".


Il lupo ululò di nuovo. Il piccolo si voltò, a fissare la prateria vuota.

* * *

Questa era l'ultima, giuro.

Ma come fai a non guardare un serbatoio del genere e non rimanere ipnotizzato? E' l'equivalente metallico di una sweat lodge, è impressionismo prestato alle motociclette. Ti porta un po' in un'altra dimensione.

Che ogni tanto fa anche bene.

Per fare due foto e due chiacchiere con Richard abbiamo dovuto prima trovare la strada.


Il Bonzo improvvisa un tom-tom.


Ed eccola, risorgere dal profondo di un garage pubblico, il sontuoso mezzo di Richard, il nostro amico.




Temo che vi dovrete accontentare di uno sfondo "urbano", ma avevamo le nostre buone ragioni.


La base di questo meraviglioso chopperino è uno XL del '91, uno degli ultimi con la finale a catena (qui convertita a cinghia), ed il primo a 5 marce.


E questo è il suo meraviglioso proprietario, Richard.


Ha passato dei mesi molto "intensi", a dir poco, ultimamente. Tra grandi preoccupazioni, grandi dolori, e grandi gioie, la vita a volte ti lascia davvero senza respiro, ma ti fa crescere come uomo.


Gli occhi gli si illuminano quando parla della sua bimba nata da qualche mese, della gioia che gli porta ogni giorno, come un sole personale dentro casa.


Capirete come è stato occupato, ma ci tiene alla sua motoretta.





Pressocché ogni pezzo di questa moto è artigianale, fatto a mano da Alessio & Andrea Gazzi, due autorità in questo campo, che attraverso la loro officina Lo Scorpione dispensano kustom e klasse come fossero karamelle.


Serba olio? Fatto a mano.


Serba benza? Fatto a mano.


Tappo serba benza? Fatto a mano. Due volte.
Il primo è stato zanzato fuori dall'Olimpico, da qualche laziale probabilmente.


Fender posteriore, e sissy? Fatto a mano. E le barre rigide, pure.


E non solo è rigida. Avrete notato che manca la leva della frizza sul manubrio (manubrio? fatto a mano.). Questo perché il cambio è a mano, e la frizione è a pedale, come potete vedere dalla foto sopra.
Che andrebbe girata, ma mi son scordato di farlo. Se potete girate lo schermo.



Avrete notato anche la sottilissima e alta ruota dietro, e la "leggiadrìa" con cui la moto posa in terra.

Quel look sottile e quasi "saltellante" (ho persho le parole..o forshe shono loro etc etc - ma a voi piace Liga? A me non molto ma sta canzone ogni tanto mi riciccia in testa) è ottenuto con la finish combo 18" dietro e 21" davanti, che sottiletta la moto e aiuta non poco la maneggevolezza.



Il faro davanti è un "comune" aftermarket, ma neanche lui sfugge all'impeto creativo e gli viene piazzato sopra un comodo interruttorino per le luci.


La moto è stata in garage per un po'. Una spolveratina non guasta.



Ma in questa marea di parti pregevoli, spicca su tutte il serbatoio. Alessio si è prodotto in un'opera psichedelica e ipnotica, che dà senso e continuità al tutto; come se il resto della moto fosse fluito da quell'unico pezzo.



L' 8 litri viene preso, sventrato e risaldato più stretto, spostando tappo e rubinetto.



Semplicemente non esiste un lato da cui questa moto risulti sgraziata, sproporzionata o grossolana.




Fatte un po' di foto, non resta altro che farsi due chiacchiere con due amici, due sorsi da una 66, in un perfetto pomeriggio di primavera.



Si ringrazia Richard per la pazienza, il sorriso e la moto.
Il popolo Lakota per le leggende che ancora oggi ci insegnano qualcosa.
La Nastro Azzurro per avermi fatto ricredere.

This is San Pablo, not Garbatellah.





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