Africa in moto Freetown (Sierra Leone) - Sollies Ville (Francia): parte 4

Bou Layoune-Nador. Sahara occidentale oppure Marocco?


La moto è piena di rugiada e fatica a partire, dormire in riva al mare deve averla messa a dura prova. Asciugo la sella e mi rendo conto che i due specchietti sono stati abrasi dalla sabbia e dal vento, guardo meglio e vedo che anche il cupolino e il faro hanno subito un leggero peeling. Infilo i miei guanti nuovi comperati a Dahkla in un hotel di surfisti e chiudo per bene la visiera.
Non fa troppo freddo e il vento non si è ancora alzato e posso tornare a toccare i cento. Dopo neanche un’oretta si accende la spia della benzina. Prima volta da quando ho cominciato il viaggio.
Non mi preoccupo e cerco di capire quanti minuti mi rimangano di autonomia in riserva, venti? trenta? Secondo i miei calcoli diabolici dovrei consumare due litri l’ora e dovrebbe rimanermi almeno mezz’ora di autonomia per trovare una stazione di servizio. Dopo una ventina di minuti ne trovo una, rallento, entro e mi accodo a un camioncino. Comincio a scambiare due chiacchiere con l’autista che sta aspettando a lato del camioncino e scopro che il generatore è rotto, ma in cinque minuti il meccanico e il benzinaio lo ripareranno. Oramai so che i cinque minuti posso trasformarsi in cinque ore, do un’occhiata dentro il serbatoio e mi rendo conto che sto proprio a secco. Non si vede niente, però continuo a non preoccuparmi, ho con me il bidone da cinque litri di benzina. Li saluto, accendo il motore, accelero e dopo neanche cinquecento metri si spegne la moto. Ecco la risposta, un litro dura venti minuti. Ora però devo riempire il serbatoio. Il vento si è alzato, ma è un particolare a cui ora non presto più nemmeno attenzione in quanto perenne si direbbe. Metto la moto sul cavalletto centrale, prendo la mezza bottiglia tagliata e l’operazione fatta facilmente tante volte in passato qui diventa praticamente impossibile. La mezza bottiglia di plastica tagliata a mo’ di imbuto vola via, la recupero un paio di volte e la incastro sul bordo del bidone, ma qui arriva il secondo problema a cui non avrei mai e poi mai pensato. Appena esce dal bidone la benzina si nebulizza in micro gocce al vento invece di scendere per gravità nell’imbuto. È impossibile fare il pieno in queste condizioni, ora capisco perché i bidoni hanno un lungo bocchettone.
Un’altra lezione imparata e ancora una volta la buona stella mi ha sorriso, chiudo il tappo e spingo la moto dal benzinaio. In un angolo coperto l’operazione è facilissima.


Finalmente finisce il Sahara, la strada diventa piena di curve, la terra è rossa e cominciano gli alberi. Arrivo ad Agadir ma non voglio fermarmi in città, rimane ancora un’ora e mezza di luce, sicuro che alla periferia trovo qualcosa. Effettivamente si, ma lontano mille miglia da quello che immaginavo. È un paesello di surfisti, turisti e ristorantini. Titubo e decido di continuare, un cartello indica Essauira a 135 chilometri. Oramai rimane mezz’ora di luce, non riuscirò ad arrivare così lontano, anche perché oggi ho già percorso 600 chilometri e comincio a essere stanchino. Dopo una decina di chilometri un bellissimo tramonto colora il cielo alla mia sinistra facendo scomparire il sole troppo velocemente per i miei gusti. Mi fermo comunque a contemplare l’ultimo spicchio rosso che sparisce nel mare, Un tramonto cosi merita sempre di essere contemplato. Accendo le luci e affronto le curve cominciano a pensare che ho preso ancora una volta una decisione avventata, non scorgo nessuna luce in lontananza che mi possa far pensare a un centro abitato e non vedo nessun cartello che indichi una città vicina. Ho tre tacche di serbatoio, abbastanza per continuare ancora un paio d’ore.
Mentre il morale scende e il freddo sale, in lontananza si vedono delle luci, un paesino!  

Attraverso il Marocco, mi fermo a fare il turista a Rabat e Fez e comperarmi una giacca di pelle e arrivo a Nador, verso l’Algeria, che però è sempre chiusa via terra, nessun miracolo questa volta. Guardo il contachilometri che segna 5938 Km. Spero di trovare un traghetto per Sete, in Francia, o meglio per Genova.

Ultima serata in Marocco, mentre vado a dormire penso a come riuscirò a prendere il battello domani? Come attraverserò la frontiera? A quale santo mi voterò? Oramai il viaggio è quasi finito, per lo meno la parte africana.

Nador – Sollies Ville. Come fare per attraversare il Mediterraneo?
Arrivo alle otto di mattino e c’è una discreta folla al porto, non si capisce molto se c’è una fila, chi parte e dove si parte. Omar, un marocchino che parla discretamente italiano mi dice che i bigliettai sono andati a fare colazione, ma di non preoccuparsi perché il traghetto non è ancora arrivato.
Scopro che l’unico traghetto per Sete non passa da due settimane e che bisogna andare a Tangeri, altrimenti da Melilla (l’enclave spagnola) ci sono traghetti che vanno a Malaga e ad Almeria. Mentre rifletto su dove andare, penso ai quasi millecinquecento chilometri extra; che fare? Lasciare la moto qui oppure provare a entrare in Spagna con la moto? Il primo traghetto per la Spagna parte all’una, a mezzanotte il secondo.
Sono già le 10, ridendo e scherzando non manca così tanto. Mi fiondo alla frontiera e arrivo in pieno delirio, decine di persone fanno la fila per entrare, la dogana è strapiena, le macchine sono in tripla fila per entrare e decine di persone camminano sui due lati. Incurante della fila m’infilo in ogni buco possibile e arrivo al controllo passaporti. Dovrei fare tutte le pratiche per sdoganare la moto e poi farmi timbrare il passaporto ma le code mi scoraggiano. Con una bella faccia tosta entro tra il casino di persone e puntualmente il militare mi chiede e la moto? E i fogli di via? Io lo guardo e gli indico la moto parcheggiata, vado a prendere i fogli? Con dietro la folla di persone, esita qualche secondo e mi timbra il passaporto. Bofonchio un grazie, mi rimetto sulla moto e mi dirigo verso i militari spagnoli che sono in posizione tipo Mad Max. Mi tolgo il casco, metto il passaporto bene in vista e slalomo tra i blocchi. Mi lasciano entrare senza problemi, sono le undici e mezza, mancano meno di due ore alla partenza. Mi dirigo al porto, compero i biglietti e mi chiedono di vedere i documenti della moto (manoscritti in Inglese), segnano la targa e per 80 euro ho il biglietto per il vecchio continente.
Ora le cose si fanno serie, arrivo al controllo della dogana, un poliziotto dalla faccia cattivissima mi fa togliere il casco, controlla l’imbottitura e da due calci alle gomme girando la valvola, mi fa svuotare le borse ma non sembra minimamente interessato alla provenienza della moto e mi lascia passare, stessa cosa i suoi colleghi ad Almeria, senza assicurazione e con una moto clandestina… SONO IN SPAGNA!



Fine.

Leggi anche: Parte 1 - Parte 2 - Parte 3

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